6. Maschera, archetipo dell’umanità

La maschera è antica quanto la storia dell’uomo. Ogni cultura ha utilizzato le proprie, arrivando ad elaborare oggetti di straordinaria fattura; basti pensare alla maschera funeraria di Tutankhamon, una delle opere d’arte più conosciute al mondo e probabilmente anche il più famoso oggetto proveniente dall’antico Egitto.

L’aspetto teatrale e scenografico delle maschere è molto frequente nelle più diverse culture ed esprime non tanto il gusto per la finzione e l’inganno, quanto piuttosto la fondamentale duplicità e contraddittorietà di numerose situazioni della vita umana, nelle quali interviene una dimensione diversa rispetto alla comune esperienza quotidiana. Le maschere allora si configurano come corpi artificiali che ricoprono e nascondono quelli veri di coloro che li indossano, allo scopo di mostrare e rendere presenti quelle entità che non hanno un corpo visibile e che possono essere percepite soltanto attraverso un corpo falso, fittizio, che è appunto la maschera.

Le maschere possono avere molteplici funzioni e sono divise in tre grandi gruppi: maschere rituali, da guerra e da spettacolo. Tali categorie comprendono tuttavia elementi assai diversi e restano, comunque, molte forme di transizione difficilmente classificabili.

Attraverso la maschera la persona può “nascondersi”, rivelare una verità diversa, assumere un’altra identità, entrare in contatto con gli antenati, con l’aldilà, far divertire, intrattenere, acquisire capacità sovrumane, diventare un tramite con mondi spirituali.

L’uso rituale della maschera, come testimoniano pitture e graffiti rupestri rinvenuti in varie parti del mondo, è attestato sin dal Paleolitico per pratiche di magia, nelle danze precedenti la caccia, per regolare i rapporti sociali. Nello sciamanesimo le maschere sono utilizzate nei riti di iniziazione per impersonare gli spiriti familiari; rappresenta un medium tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti, una funzione, questa, molto comune nelle popolazioni africane.

La maschera non può essere considerato un oggetto a sé stante ma parte di un contesto che comprende danza, musica, ritmo, estetica, sacrificio e cerimonia. Una maschera assume il suo significato completo, infatti, solo nel momento in cui è indossata da un particolare individuo, che esegue determinate azioni, in un preciso contesto.

In Africa, seppur con notevoli differenze a seconda del gruppo etnico, spesso le maschere rappresentano gli antenati mitici o gli animali totemici. Gli spiriti e le forze incontrollabili della natura vengono spesso rappresentate in forme stilizzate, quasi astratte, perché, in quanto concetti incorporei, vengono rappresentati attraverso la maschera. Il ruolo che ricopre è strettamente legato alla funzione e all’uso cui è destinata: riti propiziatori, religiosi, sociali, magici, bellici, ludici, di controllo, ecc. Sono di norma una prerogativa maschile, ma esistono anche maschere femminili o destinate esclusivamente ai bambini, anche se molto rare.

Le maschere, in genere, sono realizzate in legno scolpito, dipinto o meno, con attributi di varia natura (conchiglie, pezzi di vetro, corna, perline, stoffa, ecc.) che ne aumentano la potenzialità, ma esistono anche maschere in metallo, cuoio e fibre vegetali intrecciate. L’uso di questi materiali è codificato dalle norme tradizionali della comunità. Talvolta per il volto di un antenato o di un personaggio illustre vengono usati materiali più duraturi e/o preziosi come metallo, pietra, avorio e la lavorazione diventa più ricca e raffinata.

In Africa le maschere, spesso, sono associate alle “società segrete”, organizzazioni connesse alle iniziazioni tribali che consistono, per lo più, in un rito di “morte e rinascita” che sancisce il passaggio dall’età infantile a quella adulta.

Le società segrete africane rispondono a presupposti diversi rispetto a quelle di stampo occidentale. In realtà sono più “associazioni chiuse”, nel senso che i membri che ne fanno parte sono conosciuti da tutti ma le possibilità di accedervi sono limitate e strettamente legate ai riti iniziatici. Il segreto riguarda piuttosto ciò che accade nel corso delle riunioni del gruppo e le connessioni magico-simboliche che esprime. Il valore occulto, in definitiva, dipende proprio dalla consapevolezza che l’atto sia noto, dal sapere che non esiste alcun segreto. In questo contesto la maschera è lo strumento attraverso cui gli uomini esercitano la propria autorità sanzionando le trasgressioni alle regole ed esercitando il controllo sociale. Anche se tutti sanno chi indossa la maschera quello che conta è il valore extra-umano conferito da essa. Si tratta di un “gioco delle parti” dove ciascuno “recita” il proprio ruolo.

Le maschere sono quindi espressione di una concezione cosmologica, che viene rappresentata concretamente e materialmente a beneficio di tutti i partecipanti. Come disse un anziano Dogon, Ogotemmêli, all’etnologo francese Marcel Griaule che lo interrogava a proposito di questi oggetti rituali del suo popolo “la società delle maschere è il mondo intero. E quando si muove nella piazza pubblica, essa danza il cammino del mondo, essa danza il sistema del mondo” (M. Griaule – “Dio d’acqua” – Bompiani – 1968). Colui che la indossa diviene il tramite attraverso cui le entità incorporee sono rese manifeste e visibili. L’uomo si trasforma letteralmente in qualcosa d’altro; la sua identità, il suo volto, il suo corpo sono cancellati per far posto a un altro corpo, a un’altra presenza, quella dell’essere rappresentato. L’uomo diventa maschera, si trasforma in un archetipo, un modello primordiale e universale che appartiene all’umanità ed è presente nell’inconscio collettivo. (M. Castiglioni)